giovedì 27 ottobre 2011

incontri a LUCCA

ecco dove sono... per il resto mi trovate allo stand, a dedicare:
Caffè a colazione
e
Merende e Merendine


Venerdì 28 Ottobre; Palazzo Ducale, ore 18.00
Comics talks

Video killed pornofumetto star 
Il destino del fumetto erotico, nell’era di Internet, è segnato per sempre?

Prima le videocassette, poi la digitalizzazione dei film e infine la rete hanno aperto al porno ovunque e on demand. Proprio come i fumetti prima, ma con ben altra ‘precisione’. In questo nuovo contesto, il fumetto ha ancora un ruolo? E tra i suoi nuovi ‘sguardi’, qual è il posto di quello femminile?
Modera: Paolo Interdonato (blogger, sparidinchiostro.wordpress.com)
  • Laura Scarpa (autrice Caffè a colazione e Blue e Sniff, Coniglio Editore)
  • MP5 (autrice Profumo – Blue sniff comics, Coniglio Editore)
  • Giovanna Maina (ricercatrice, Università di Pisa)
  • Sara Pavan (autrice, Ernestvirgola)
Sabato 29
11:00 Inaugurazione mostra FANTOMAS (il libro è edito da Coniglio editore)
11:30 Incontro con l'autore (Alfredo Castelli)

Domenica 30
11:00 Inaugurazione mostra DI GENNARO 
11:30 Incontro con l'autore Di Gennaro (e ci sarò anch'io)

Lunedì 31
11:00 Presentazione «Scuola di fumetto» on-line (Coniglio Editore) 

giovedì 20 ottobre 2011

ANCORA DI IMPARARE


Io non so che cosa sia imparare.
Baudoin, grande autore e buon maestro, racconta dal vivo il suo disegno... il segno è musica


So che da 3 anni e un paio di mesi tutti i giorni (diciamo uno su due, ma anche più), faccio un disegnino e lo posto nel mio blog.
So che così, alla bella età di 51-54 anni ho imparato cose che non sapevo prima.
La prima cosa che ho imparato è stato riscoprire la mia natura, il mio segno e il mio modo di raccontare, dico riscoprire perché poi, trovando degli schizzi/studi per il mio primo fumetto richiestomi da un editore (Ottaviano, il fumetto era Moll Flanders, nel 197...8?) ho visto che usavo il pennino benissimo, che il segno era bello, ma contro le regole dell'epoca, e io (anche se non pare) sono obbediente.
Ecco, a scuola e fuori dalla scuola, occorre usare l'obbedienza e la disobbedienza.


Da un anno e mezzo, assieme ad altri autori, ho aperto la prima Scuola di Fumetto online . Sceneggiatura (con Recchioni, Serra, Artibani, Faraci...), fumetto (con Saudelli, Baldazzini, Ziche e altri...).


Insegnare è comunicare, dare regole e dare libertà.
Imparare è ascoltare, imparare l'obbedienza e la disobbedienza.


Questo equilibrio difficile, che fa ascoltare e apprendere da esperienze altre, esperienze mature, e che fa interpretare a proprio modo, ma dalla coscienza di una propria forza.
La politica italiana oggi è l'evidenza di quanto male siamo stati disobbedienti in questi anni. Disobbedienti magari nel pagare una tassa, nel costruire un tetto più alto, ma obbedienti nel subire idee che non sono vere, racconti falsati, logiche deformate, ma obbedienti, da scolaretti che non macchiano il quaderno.
Abituati al sottobanco, a evitare punizioni e difficoltà.
Disobbedienti in modo bello, costruttivo e autocritico.


Dai maestri si impara per quello che dicono e per come agiscono. Si impara discutendo.
Ho insegnato tanti anni, e in tanti anni ho visto uscire autori, o giovani disgnatori che poi facevano lavori limitrofi al fumetto, e un'altra parte che abbandonava. Per tutti le strade erano diverse e personali, da «il Giornalino» a testate Bonelli, al fumetto d'autore oppure Disney.
Tutti quelli che hanno fatto fumetto equilibravano l'ascolto delle lezioni a quel tanto di disobbedienza che era semplicemente la ricerca della loro strada. Chi pendeva troppo da uno dei due lati si fermava presto.
Obbedienza è intelligenza, non subordinazione.. (leggete qua che cosa si richiede quando si è schiavisti).


Ma tornando al disegno la bellezza è anche vedere come nasce... eppure è bellezza ingannevole, spesso. O per la troppa particolarità dell'artista (questo è su FB) o perché il disegno filmato non è quello del vero lavoro, soprattutto per un fumetto.
eccone alcuni, belli? Affascinanti, ma sono davvero rivelatori?
1  uno schizzetto, 2 un po' più lezione... 3 Jim Lee e in  4 inchiostra grandi mostri del fumetto: 5 o banali lezioncine con una loro modesta utilità 6 eppure...
il segreto manca, il segreto non è nella mano, è nella testa.
Silvia Ziche dedica, a Lucca


Allora perché studiare? Proprio per questo. Perché è la testa che comanda e va educata, aperta, riempita e stimolata... e poi se qualcuno mi avesse insegnato, non tanto la tecnica, quanto come arrivarci...
Gli autori insegnano sempre, anche quando mentono (forse) un po', come questo Uderzo ...
e riuscita a imparare da Hergé qui o qui ?
Vedere nascere il disegno è magico, se è Gip i...
E quale mistero dentro a questo uso della tavoletta grafica con Moebius?
E se qualcuno regala lezioni su un programma  (e intanto disegna bene) come Patrizia Mandanici?
Ecco, cominciamo ad avere la scuola. Ma fugge sempre il dialogo, la discussione, la ribellione.
A scuola si impara, lo ripeto, se si disobbedisce un poco, ma si ascolta tanto.
A scuola si vede anche che cosa c'è DIETRO una tavola a fumetti...
studi di Angelo Stano, tratti dai film in moviola. Tratto da Scuola di Fumetto 

Tex. Sceneggiatura disegnata, di Sergio Bonelli
Avevo 15 anni e già facevo fumetti, ingenui ma anche sperimentali. Cercai di adeguarmi e sbaglia. È stato faticoso, perché i maestri erano persone di passaggio.
È a 14, 16 anni che si decide di disegnare. Ecco perché ora i corsi per più giovani li facciamo, nella A Scuola di Fumetto Online. Perché ci sono tanti che arrivano a 40 o 50 anni rimpiangendo di non aver coltivato prima il fumetto che amavano. E anche a 40 e 50 anni si possono scoprire stili, e come dire cose che abbiamo da dire. L'ho fatto io coi miei disegnini quotidiani (e, posso dirlo? Si evolve anche la pur esperta Patrizia Mandanici, con certi suoi disegni spesso legati a sogni) . Ma a 15 anni, a 18, hai ancora davanti le scelte. E in questo mondo di difficili lavori, di un futuro economicamente più che incerto, apocalittico, almeno affrontare le cose che ci piacciono mi pare una scelta  che vale la pena di fare.
A 26 anni ho cominciato a insegnare e avrei avuto ancora molto da imparare. Ho imparato insegnando. Per spiegare il cervello si affina, si crea problemi su quello che la mano fa, la propria e quella di altri. Ragionare con Lorenzo Mattotti, Antonio Tettamanti, Cinzia Ghigliano, Luigi Bernardi... era un parlare tra amici che pensavo sulle cose  e non sempre andavano d'accordo. Eravamo tutti un po' disobbedienti. :)

sabato 8 ottobre 2011

IL FUMETTO SI IMPARA?

Avevo 15 anni quando decisi di fare fumetti. Accadde in modo strano.
Quell'estate la passai in montagna con mio papà e un cugino, era morta mia mamma e mentre mia sorella andava al mare con le zie noi facemmo così.
Mio cugino era un po' più grande e voleva fare il giornalista, mi insegnò qualche accordo sulla chitarra e mi disse: Ma tu VUOI fare fumetti!
Io non lo sapevo, li facevo e basta.
Poi accadde che per questioni di università mia sorella avesse scritto a Hugo Pratt (sotto mia spinta interessata) per continuare una tesina molto apprezzata di filologia moderna sul linguaggio del fumetto (Topolino, Jacovitti e Pratt... era appena uscita sul CdP la Ballata del Mare Salato).
Così conobbi Pratt che mi incoraggiò sul disegno e si complimentò sul colore...

Negli anni successivi, completamente autodidatta combinai poco, anche se feci esercizi credo a oggi utili, Pratt mi sgridò dicendo che avevo fatto poco dopo tutte le sue lodi, questo circa due o 3 anni dopo.
A 19 anni cominciai a frequentare Milano, con una cartella sotto il braccio e suonando alle porte più disparate, da Einaudi e Linus, a editori di etichette di vini... gardavo sull'elenco, camminavo, e mangiavo panino sulle panchine dei parchetti.
disegno del dicembre 2008 da caffeacolazione.tumblr.com

Poi arrivò Ravoni con dei consigli, prima ancora Dino Battaglia che mi raccomandò (ma senza esiti) al corrierino, poi Linus e Ottaviano Editore.
Ma non è per raccontarvi i miei inizi. È per dire che facevo da sola, incontrando poi altri appassionati aspiranto, le ragazze con cui cominciare a fare Strix, per poi allontanarmene, o il gruppo milanese di Tettamanti, Mattotti, Uracchi... e altri a seguito. Poi venne Bernardi e Bologna e L'Isola Trovata e poi Storiestrisce e altro ancora.
Imparai da loro e da qualche consiglio di editore, ma era difficile, non c'era la soluzione, non c'era un modo di risolvere un problema o di disegnare una cosa. C'erano discussioni su dove andare, cosa dire e fare, e poi negazioni, non è bello, non rende, non funziona, non mi piace, non è coerente...

Allora nn esistevano scuole di fumetto. A Roma (ma non lo sapevo) cominciavano i corsi di Francesco Coniglio, ma era comunque già tardi, ormai mi ero tuffata.
Per anni poi ho insegnato, alla Scuola DEL Fumetto di Milano (di via Savona) e poi a quella del Castello, di Milano. Ho diretto degli stage di grandi autori al Castello di Ceri. E ora insegno allo IED di Roma.
Le scuole servono?

Non lo so.

Sono convinta che non siano indispensabili, ma che facciano bene sì. Tolgono tempi morti, possono evitare errori dati solo dal contatto editoriale (io sento che ne sono stata vittima, poco adatta a quel mondo). Permettono di ragionare con chi ha gli stesi interessi anche se non li abbiamo come vicini di casa.
Perché sì, Francesco Coniglio lo dice ogni tanto: se i Beatles non si fossero trovati insieme in quello spazio non sarebbero stati i Beatles.
La scuola aiuta chi non ha Paul McCartney come vicino di banco.
Perché è un modo meno parziale e ossessivo di conoscere l'editoria e le sue esigenze. Perché è un modo più morbido di prendere botte sui denti.
La scuola di fumetto o simili fa bene, non è indispensabile, ma è utile, può esserlo molto, e comunque è divertente.


Bene, tutto questo ora apparirà mera pubblicità, ma è qualcosa su cui penso spesso, da autrice e da insegnante e da editor. So che nessun titolo scolastico conta ASSOLUTAMENTE nulla, ma che le scuole fanno uscire molti autori (e altri sono autodidatti).

Ecco dove vado a parare: organizzo e gestisco dei corsi online per adulti e ragazzi, di fumetto e sceneggiatura. Assai democratici, aperti  tutte le età, questi corsi permettono a un prezzo ragionevole, di essere seguiti da persone che studiano, che lavorano, che abitano in paesini... cosa imparano? A scoprire di più il fumetto, a farne forse in un futuro, proseguendo da soli, una professione (poco redditizia ma una professione), a togliersi desideri sepolti, a divertirsi, a esprimersi, a diventare autori.

Poi ci sono questi incontri all'Auditorium di Roma, domani (domenica 9 ) si comincia con Leo Ortolani, l'autore di Rat-Man che ora ha anche scritto un libro sull'adozione di due bimbe e sulla sua dunque recente paternità.

Poi seguiranno Manara, Gipi, Staino... e altri.
Si impara da queste lezioni? Sì. Ma non la tecnica del fumetto, ma quel mistero che è dietro all'opera.
La cosa che accomuna dei corsi annuali con lezioni e compiti, e delle lezioni interviste con una grande platea sono il contatto stretto o meno con l'Autore. Egli sa.

ed è vero, non sa nulla, ma sa perché fa e perché ogni autore pensa a quello che fa, e se agisce anche istintivamente e con l'intuito artistico, altre volte ha pensato a cosa dire  e a come, a che cosa hanno fatto gli autori che ama (o che odia).
Incontrare Leo domani sarà una festa, perché uomo gentile, intelligente e divertente, ma sarà anche utile per dargli da una parte la sua misura di uomo e dall'altra quella di artista, un artista popolare, comunicativo e coerente, per capire che non è una grazia di dio la capacità artistica, ma uno sforzo che parte da dentro e che potremmo scoprire in noi anche senza voler arrivare alla fama e alla fortuna.

Andare a scuola fa bene, se non è la scuola italiana che sempre più viene mortificata e schiacciata, ma di questo mi piacerebbe riparlare.

martedì 4 ottobre 2011

MENU, ASSOCIATION, fratture... e il tempo che passa

Per sapere tutto quello che dice Menu sulla sua nuova casa editrice e su tutta la storia, ecco la versione francese... in parte la tradurrò.
Ma questo post parla anche un po' di amicizie che finiscono.



Intanto mi piace ricordare come conobbi l'Association. Era la mia prima volta ad Angouleme, dunque una ventina d'anni fa. All'epoca l'Association aveva un paio d'anni forse. E stava iniziando a fare i primi Patte de mouche, collana piccolina. Erano stati ospiti alla lungimirante Treviso Comics di Silvano Mezzavilla e lì avevano espresso ammirazione per i primi fumetti di Lorenzo Sartori , di cui in rete ora trovate solo il fumetto fatto attualmente per Focus Junior (assieme a Giorgio Pellizzari ). All'epoca stavo con Lorenzo e così ad Angouleme andammo assieme a trovare i ragazzi Associés.
Conobbi allora soprattutto Menu e Trondheim , poi anche David B.  , ma non subito. Entrambi erano persone curiose, piacevoli e piene di entusiasmo, ma anche con le idee ben chiare. Non si accontentavano di qualsiasi cosa. 
Negli anni continuai ad essere adhérent e abbonata, così collezionai figurine (che un giorno vi farò vedere e sbaverete), cartoline e altre meraviglie, continuai anche ad avere un saltuario rapporto con loro alla fiera francese (per inciso Lorenzo pubblicò poi un bel Patte de mouche), sempre più spesso era Menu quello costantemente in prima linea, allo stand e in tutti i sensi, fu lui anche quello che mi spiegò che la mia storia, proposta per il 2000, non era stata accettata in quanto simile a un'altra. Gradii la spiegazione.
Menu lo pubblicò Coniglio su Blue anni fa, si trattava di un articolo che affrontava con la sua solita ferocia fredda e analitica il fumetto. Il vecchio fumetto e quello nuovo. Menu era il teorico e il portavoce. 
Menu certamente è diventato il capoccia di un gruppo in cui non c'era più la stessa costante presenza di tutti, perché alcuni autori avevano successo, pubblicavano altrove  e a volte tanto (come Trondheim), ma questa non era una novità, accadeva anche prima, e Stanislas era da sempre fondatore con una sua vita più esterna, eppure unito e fondamentale.
Negli anni le cose si sono inasprite, gelosia di Menu per il successo degli altri, o incazzatura data dalla sua purezza, per le mediazioni con un mondo che non riconosceva? Alcol e divorzi, o idee diverse? E chi restava a lavorare dentro?
Ma essere quello che fa di più dà motivo di comandare? di imporsi?

Conosco abbastanza David B., sebbene non in modo approfondito, ho pubblicato e stimo Trondheim, amo gli altri 3 autori e so che sono bravi e intelligenti. A un certo punto Menu, dopo polemiche e anche dopo una grave crisi editoriale, viene estromesso. 
Ma questo è la fine de l'Association, qualsiasi cosa le capiti. 
Hanno sicuramente ragione gli altri, una casa editrice di un gruppo non è la casa editrice di uno. E se le idee, i punti di vista, le cose cambiano? Si evolvono o si tradisce?

Amo Menu, Trondheim, David, amo anche Stanislas, Killoffer e sebbene un po' meno pure Mattt Konture .
Trondheim visto da Berberian

Killofer e Trondheim visti da killofer

E so che ognuno ha ragione dal suo punto di vista.
Che le cose non potevano che andare così.
Che l'Association, gruppo che ha cambiato davvero il fumetto in Francia e fuori, con l'azione del gruppo, ma anche che i fumetti di ognuno al di fuori della casa editrice, l'Association è finita. Perché le cose non sono eterne, perché 21 anni sono tanti, perché la libertà e la rivoluzione devono accettare questa condizione loro interna, si cambia, si cresce, si invecchia, si migliora, ci si deteriora, si scelgono strade diverse. 
L'Association, salvata per un po' dal fenomeno Satrapi, ha sofferto anche la crisi editoriale ed economica di questi tempi, hanno venduto originali, gli autori, per tirar su soldi e pagare impiegati che avevano fatto blocco. E ora? 
Ora si annuncia l'apertura del sito a metà novembre.
Intanto il blog  spiega che c'è un comitato di lettura composto da: rançois Ayroles, Alex Baladi, David B., Jochen Gerner, Mattt Konture, Killoffer, Etienne Lécroart, Mokeit, Jérôme Mulot et Florent Ruppert
 Lewis Trondheim, che scrive il post più recente ed esplicativo è fuori dal comitato  per non creare ambiguità con il suo ruolo in Delcourt, ma resta membro associato. Vedo che manca Stanislas e che ci sono altri nuovi (ma di vecchia data) nomi di autori.
Due note. I codici a barre, che Menu ha lottato perché fossero stampati su adesivi riposizionabili, per questioni economiche saranno stampati sulle copertina (in quarta ovviamente).
Il blog non è aperto ai commenti, perché agli associati gliene frega assai dei mille commentini anonimi dei blog marcescenti (C’est sans doute parce que nous n’avons que faire des mdr et des lol de zozo35 ou de thorgal46. Et que les invitations à aller lire des blogs pourris ne nous intéressent guère plus.) , ma basta scrivere alla mail lhydre@lassociation.fr per partecipare alla discussione e al confronto. 

Ecco, aspetto con il cuore che batte di sapere che succederà alla mia cara Association, ma confesso che da anni Lapin (la loro prestigiosa rivista) era diventata per me costosa rispetto ai contenuti che amavo di meno, per poca presenza dei 6 "capi".

E passiamo a Menu, creatura assatanata, certo, con una visone troppo pura e forse distorta, l'ostinazione per i codici a barre, l'aver rifiutato Cronache Birmane di Delisle (autore che ho conosciuto proprio sulle pagine di lapin, 20 anni fa) la dicono lunga. Ma Menu è stato anche quello che stava lì, stava lì e teorizzava. 

Oggi alza la testa e si muove solo, fa una sua casa editrice APOCALYPSE, di questi tempi non riesco a prevedergli un lungo futuro, ma per questo credo che il primo libro glielo comprerò, per la sua ostinazione alla lotta.
Gli lascio la parola:
«Constatato che da quel momento mi era impossibile occuparmi del funzionamento dell'Association come facevo da solo da più di 5 anni, ho dato le mie dimissioni, dopo un plebiscito (...) lasciandomi alle spalle un'Utopia editoriale di 21 anni, di cui tutti sanno che sono io l'origine, e che l'ho portata a braccio per questi anni, contro venti e mareggiate...».

e parla della sua nuova casa editrice:

«Si chiamerà L'Apocalypse. Un nome che era il titolo evocato e poi abbandonato (perché faceva paura) per una rivista di Futuropolis nel 1990 (...) lavorerò con Etienne Robal, fondatore delle Edizioni Futuropolis (il solo e l'unico).» Ne vedremo le opere nel 2012 (anno adatto per una casa editrice con questo nome).
«pubblicherà fumetti, ma anche libri di disegno, testi, libri-oggetto e ogni tipo d'opera». «In questo senso assomiglierà alle mie prime aspirazioni polimorfe che non ha potuto essere L'Association  (...) il cui statuto che avevo redatto parlava nel 1990 di "cancellare le sbarre tra i diversi generi d'espressione“. L'Apocalypse sarà Rock'n'roll e sotto il segno del doppio».

Alla ricerca di una nuova avanguardia senza mediazioni "democratiche" con altri autori.

Ecco, di tutto questo mi rendo conto che è un flusso naturale, che forse entrambe queste case editrici non avranno 21 anni di vita davanti, ma solo dietro, e però spero che diventino due strade stimolanti, innovative e forti.
e spero che questi autori che amo, ora lontani, non si scannino. Dimostrino sempre la loro classe, anche nella lotta e nel contrasto più aspro. Le amicizie si frantumano per ideologie e passioni e lavoro, ma se da questi scontri e strappi nascono case editrici, fumetti, idee più libere, sarà la libertà della crescita e del tempo.

Buona avventura Association e Apocalypse... due nomi opposti, uno che unisce, l'altro dirompente, eppure sono certa, farete sempre buon fumetto. 

lunedì 3 ottobre 2011

RITARDO

È da giorni che penso a due temi che vorrei affrontare qua, meta-fumetto (due albi a confronto) e... Association, anzi, Menu. Menu fa pensare su temi importanti cattivi e buoni, gruppi e amicizie che finiscono, evoluzione del fumetto e di case editrici... Menu con le sue maglie a righe (giusto oggi ce l'ho anch'io una maglia a righe... c'è da dire che in Francia usa di più che qua...). Ma è tardi, devo tradurre dal francese, ne parlerò domani di Menu il folle e di Trondheim, David B...
Parlare di autori a cui voglio bene, a tutti, e che apprezzo tutti, e che però alcuni hanno più torto degli altri, o più ragione.
Dico che ne parlo domani e mi vien voglia di parlarne adesso, perché l'Association e tutti i suoi autori, è stato qualcosa di più che importante, di fondamentale nel fumetto europeo.
Allora mi fermo solo un attimo a premettere con una striscia dei Peanuts (chi altri può seminare tali stille di verità?... forse Calvin e Hobbes, forse Mafalda...) che esprime il succo della fine dell'Association. Poi certo, anche la crisi dell'editoria, la crisi e basta, che c'è anche in Francia, mica solo da noi, o in Grecia...
Siamo così.
Il mondo del fumetto non è esente dai mali dell'umanità. Meno evidenti e meno dannosi probabilmente che nel mondo della politica, questo sì.
Se l'Association è nata da un gruppo, la fine del gruppo nella sua unità, nella sua coesione, più che nella  presenza attiva di tutti, segna la fine dell'Association.
Nasceranno nuove cose, ma abbiamo perso un poco d'amore nel fumetto. Peccato.

Domani la parola a Menu.

peraltro vorrei segnalarvi l'uscita di ANIMAls 25 e notizie annesse...