lunedì 21 maggio 2012

Disegnare dal vero - 2^ puntata

Dalle ultime classi elementari, passiamo alla seconda o forse terza media, direi l'inizio della terza...
Dopo quella bottiglia in prima media e poco altro, il disegno dal vero (e non dal vetro) era scomparso. Imparammo un po' di prospettiva (ma quasi nulla) a disegnare con la musica ecc ecc... bene. Io disegnavo sempre per diletto, mio e delle mie compagne di classe, tante figurine.
Fino all'anno prima, abbandonata la Barbie, ci si divertiva a inventare storie con certe bambole di carta assai modaiole, con lunghi capelli anni 60, maxi, mini, stivali, ponchos, tutto quello che faceva moda ultimissima. Le disegnava, con tutti gli abiti intercambiabili, mia sorella. Poi ne facevo alcune io, in aggiunta.
M., compagna di classe ambiziosetta, che conoscevo già dai tempi delle elementari, era snella e sosteneva d'aver occhi verdi e gialli che cambiavano col cielo... forse sì, io li trovavo un poco gonfi, ma poi i maschi ci sbavarono dietro, dunque mi sbagliavo.
A volte giocava che ci facessimo il ritratto, a me quello che lei mi faceva non piaceva.
Non mi piaceva nemmeno, da più piccola, quelli che provava a farmi mio papà, che aveva mano per il disegno, ma non era pittore e i bimbi son difficili.

Insomma con M. si giocava a disegnare, a volte, e una volta mi chiese di farle il ritratto. Della faccia, ma anche poi della figura.
Si mise in posa, paziente, e io disegnai attenta.
Considerato che non copiavo mai dal vero, che avevo 12 anni e che disegnavo bene le figure (per la mia età), ma stilizzate e fantastiche, il risultato fu molto buono.

Poi M. disse di ritrarle solo le gambe e in posizione diritta, che voleva sapere come fossero e si sollevò un poco la gonna perché avessi agio di copiarle.
Voglio ricordare che le foto esistevano ;) e che certo le sue gambe, tra specchi e foto le poteva rimirare in chiave molto più "reale"...
Disegnai.

Le guardò e mi chiese: ma sono proprio così belle? Proprio così?
Allora dissi: aspetta!
E le copiai più fedelmente.
Ma ero incazzata. Sottilmente incazzata.
Accentuai ossa e vuoti, ma non troppo, fui fedele (non sapevo non esserlo).
In realtà fui più realistica e "brava".


Alla fine fu comunque contenta, credo.

Ma  a parte l'esibizionismo (che altro poteva essere, questo farsi disegnare, guardare e disegnare, da me?) di M. io allora disegnai dal vero e bene, o almeno meglio di quanto avessi mai fatto.
Mossa da incazzatura, da spregio, da "odio".
L'incazzarsi (come provare qualsiasi "sentimento") fa bene al disegno, la sfida crea sangue caldo, il sangue caldo genera il disegno che ha un senso.
Per finire cito Shakespeare:
«Non mangia che colombe l'amore, e ciò genera sangue caldo, e il sangue caldo genera caldi pensieri e i caldi pensieri generano calde azioni, e le calde azioni sono l'amore».
Il disegno è sempre sangue caldo, che sia tratto dal vero o no, ma le cose reali sono come colombe di cui si nutre il disegno, e il caldo disegno genera caldi pensieri...

Per questo mi sembra una bella cosa tutta questa gente nel mondo che ricomincia ad usare la matita, i pennarelli, gli acquerelli, quando viaggia, come i viaggiatori del 700 e 800. Non importa il risultato sia esatto, è il calore del sangue.
Abituati oggi a foto sempre più numerose (tanto non costa e si buttano), più veloci, tecnicamente corrette, ma meno studiate, come ricordi del viaggiatore, foto di qualità sempre più bassa (tanto son da vedere al computer, tanto è solo per ricordare ecc ecc) per cui basta anche un cellulare (bella cosa, eh, intendiamoci), oggi il recupero della lentezza, il fermarsi a guardare (invece che ingoiare attraverso un obiettivo quello che nemmeno abbiamo visto a occhio nudo), a ritrarre su carta, a scegliere l'immagine tra quelle che vediamo, mi pare importante.
La scoperta della lentezza (e il recupero del tempo) è fondamentale nella vita. Rimando anche a questo libro, se lo trovate ancora...
Ma tornando al disegnare, disegnare la vita e le cose attorno...
C'è chi verrà a farlo assieme a Napoli (da giovedì sera a domenica), con Simonetta Capecchi, Caroline Peyron e me, qui le info per sapere e per iscriversi...
Di come feci fatica poi a disegnare gli spazi, e di come sempre mi incuriosirono le persone, magari ne parliamo più avanti. Soprattutto se qualche disegnatore en plein air mi dice (e mostra) la sua.

4 commenti:

  1. Giustissimo, la lentezza nella vita è ossigeno puro. Bel post, complimenti.

    RispondiElimina
  2. Grazie, della lentezza abbiamo bisogno, in tempi difficili anche di più. Ma anche dei sentimenti, persino quelli negativi. Credo che occorra prenderne coscienza invece che negarli (e volgerli in modo positivo).

    RispondiElimina
  3. Vorrei essere a Napoli con voi. Fai venire voglia di disegnare. Brava. Brava.

    RispondiElimina